sabato 7 gennaio 2017

Montegranaro e la paura di esporsi



Uso Facebook da diversi anni e mi picco di capire qualcosa dei suoi meccanismi. Per esempio so che, se apri un gruppo in cui si raccontano barzellette, tanto per semplificare, in una settimana hai già qualche centinaio di iscritti. Così ho voluto fare un esperimento e ho aperto un gruppo chiamato Montegranaro, la piazza. L’ho aperto perché a Montegranaro, al contrario di tanti altri centri della nostra zona, non esiste una vera e propria pagina social. Ci sono gruppi che si chiamano social ma in cui si fa promozione quasi esclusiva per giornali online e c’è L’Ape Ronza, che non è una pagina social perché ci posso scrivere solo io anche se la funzione, in parte, la svolge in quanto raccoglie segnalazioni e le pubblica in forma anonima.
È un’anomalia, quella montegranarese, perché nei gruppi social la gente segnala, informa, discute mettendoci la propria faccia e assumendosi la responsabilità diretta di quello che pubblica e, non esistendo a Montegranaro tale possibilità, ho voluto vedere cosa capitava a crearne uno da noi. Il risultato è stato che, in una settimana, ci sono state 35 iscrizioni. Sono pochissime. È vero che non ho iscritto nessuno ma ho solo invitato, tramite i miei canali, la gente a farlo spontaneamente. Se avessi io iscritto i miei contatti il gruppo sarebbe ben più nutrito, ma la cosa sarebbe stata falsata. Così ho semplicemente informato dell’esistenza del gruppo e atteso le iscrizioni. Il risultato è stato esattamente quello che mi aspettavo.
Eppure non si può dire che non ci sia nulla da segnalare. Ricevo segnalazioni in quantità e ogni giorno, ma la gente di Montegranaro preferisce che le pubblichi sul blog e sulla pagina Facebook de L’Ape  in forma anonima piuttosto che farlo direttamente. La possibilità di farlo in un gruppo pubblico non ha riscosso alcun successo. Come mai?
Io un’idea ce l’avrei e, infatti, come dicevo prima, mi aspettavo questo risultato. Credo che, prima di tutto, a Montegranaro non esista uno spirito comunitario. Questo elimina lo stimolo a fare, quello stimolo che, per esempio, a Civitanova Marche fa partecipare tantissimo alle discussioni della pagina social locale. A Montegranaro, non sentendoci mai “paese” se non quando c’è da fare il tifo per qualche impresa sportiva, non avendo un vero e proprio amore di campanile, la gente non vede perché mettere il proprio impegno per la soluzione di un problema. Se c’è qualcun altro che lo fa, facciamo fare a lui.
Poi c’è il clima avvelenato di questi ultimi anni. A Montegranaro è pericoloso esporsi. Chi ha un’attività teme ripercussioni e lo fa a ragione, visti diversi casi in cui persone che si sono esposte hanno subito conseguenze professionali. Ma anche chi non ha un’attività teme di incrinare i rapporti, di venire additato, di finire nella lista dei cattivi. C’è un modo spettacolare per tenere questo clima intimidatorio vivo, è fatto di piccole minacce, di attacchi verbali, di minime ripercussioni sociali. È fatto di chiacchiere, di pressioni, di abilità nel mettere le persone l’una contro l’altra. Di fronte a tutto questo il cittadino preferisce non esporsi, e non gli si può dare torto.
Poi ci saranno mille altri motivi per spiegare l’insuccesso o, meglio, il risultato negativo del mio esperimento. Ci sarà il mio essere forse antipatico, ci sarà la pigrizia, ci saranno le feste che hanno creato un clima disteso che qualcuno non voleva guastare pubblicando foto di immondizia abbandonata o di buche per le strade. Fatto sta che questo è il risultato. Ragioniamoci perché, secondo me, c’è da ragionarci.

Luca Craia

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