mercoledì 22 febbraio 2017

Santa Croce al Chienti: bene aperto o proprietà privata?



Ho trovato strano che l’associazione Santa Croce, sodalizio culturale di grande spessore che è riuscito nell’impari compito di spingere nella direzione di ultimare il restauro e rendere fruibile quel bene assoluto che è la Basilica Imperiale di Santa Croce al Chienti, in territorio elpidiense, non organizzasse più manifestazioni nell’ambito dell’antica chiesa. Mi è sembrato strano conoscendo l’amore e l’impegno, la conoscenza e la passione dei soci nei confronti del tempio e della sua storia, anche alla luce delle tante iniziative intraprese in tempi recenti, dopo la sua riapertura al pubblico, per promuoverla e farla conoscere. Così, incontrandone per caso il Presidente, ho chiesto lumi. La risposta è stata lapalissiana: il compito dell’associazione nei confronti della Basilica è stato svolto, ora tocca alla Soprintendenza e alla proprietà trovare la formula per renderla fruibile. Una risposta che va compresa.
Per comprenderla mi sono avvalso di alcune notizie che mi sono giunte per altre vie, che vorrebbero la richiesta della proprietà (ricordiamo che il bene è parte di una proprietà privata, per quanto restaurato con soldi pubblici) nei confronti dell’Associazione di un pagamento per l’utilizzo della struttura per iniziative di carattere culturale e totalmente gratuite per il pubblico. A questo punto il sospetto è che l’Associazione Santa Croce, giustamente, non intenda pagare oboli alla proprietà, quanto meno quando le iniziative non siano lucrative, per l’utilizzo di un bene che è stato oggetto di un grande restauro finanziato con denaro pubblico. È un sospetto, intendiamoci, ma è plausibile, anche perché, come dicevo, da tempo i cancelli di Santa Croce sono chiusi.
Soldi pubblici, tanti, sono quelli che sono stati utilizzati dalla proprietà per il restauro. È un problema che ci siamo posti anche in passato, ma poi il bene è stato aperto e reso fruibile. Ora, però, è chiuso da mesi. Che futuro avrà Santa Croce? Credo sia indiscutibile che un bene recuperato con soldi pubblici, per quanto privato, debba essere nella disponibilità del pubblico. Ovvio che bisogna trovare la formula. Quella messa in campo dall’Associazione Santa Croce funzionava: eventi gratuiti, nessun impegno per la proprietà se non quello di aprire e chiudere, nessuno che spendeva e nessuno che guadagnava, ferma restando la possibilità per la proprietà di inserire nel contesto qualche tipo di attività commerciale che potesse essere remunerativa. Ma qualcosa deve non aver funzionato, che sia vera la storia della richiesta di soldi o no. 
Comunque una formula va trovata, perché Santa Croce non può e non deve rimanere chiusa e impossibile da visitare. Il Comune di Sant’Elpidio a Mare sembra non interessato, non lo è mai stato se non nel periodo in cui ci lavorava l’Associazione, ma più per una questione di politicuccia locale che conosciamo anche troppo bene. Ma anche le istituzioni debbono fare la loro parte.
Guai a dimenticare Santa Croce. Guai a lasciarla chiusa. Credo che la formula messa in campo dall’Associazione Santa Croce fosse la migliore e andrebbe recuperata, ma è possibile anche trovarne altre, purchè il bene venga tenuto disponibile. Il turismo culturale marchigiano non può farne a meno.
                                      
Luca Craia

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