Leggevo la lettera di don Vinicio Albanesi pubblicata da La Provincia
di Fermo.com e, più andavo avanti, più rimanevo a bocca aperta. “Ma come” mi
dicevo, “come è possibile che io sia d’accordo con don Vinicio, questo prete
che ha infangato il nome del Piceno e dei suoi onesti abitanti, questo prete
che non si è fatto scrupolo di dare del razzista a un popolo intero, questo
prete che si finge vicino agli ultimi ma poi si scopre amico dei potenti,
manipolatore di anime, abile utilizzatore della comunicazione moderna, strumentalizzarore
di stampa e televisione?”.
Eppure don Vinicio ha ragione quando critica con forza e veemenza il
sistema di accoglienza italiano, che non funziona in maniera lampante, che non
ha un procedimento di accoglienza limpido, che non ha un programma di
inserimento nella società dei profughi. È un discorso politico, quello del
prete, che critica la politica di accoglienza messa in campo dagli ultimi
governi italiani e lo fa partendo dal punto di vista del profugo che giunge in
Italia. Fino a un certo punto, quello che dice don Vinicio non fa una piega.
Ma poi sbanda. Non riesce a trattenersi. Cede alla tentazione e
ricomincia con la solita offensiva generalizzazione, con l’accusa immotivata e
strumentale di razzismo verso il Popolo Italiano. “La maggior parte del
nostro popolo non vi vuole e non vi ama” dice il prete, e come fa a fare un’affermazione
di questo tipo solo Dio lo sa. Offende tutti, anche coloro che lo sostengono
nelle sue spesso discutibili iniziative, anche coloro che si tappano gli occhi
e spengono il cervello in nome di ideologie antiche e sganciate dalla realtà.
“Per
sopravvivere potrete essere costretti ad azioni illegali” dice don Vinicio. Ma
non dice da chi. Giustifica il criminale straniero con una fantomatica
costrizione fatta dal Popolo Italiano che vorrebbe che il profugo delinqua. È un
delirio, quello del prete, una sorta di accusa generale e infondata, una
prosecuzione del trans iniziato la scorsa estate con la brutta storia dell’uccisione
di Emmanuel Chidi e che pensavamo sciamato.
Poi,
concludendo, don Vinicio torna sulla terra e riprende una disamina politica che
torna ad avere senso e chiarisce il motivo di questa botta da sciamano da
peperonata: vuole qualcosa e cerca di ottenerla. Parla di dati, di politica di
accoglienza italiana ed europea, e sono tutte posizioni rispettabili e su cui
si può discutere. Ma l’accusa di razzismo al Popolo Italiano no, non si può
accettare, è una vergogna e il prete deve provarla, questa vergogna. Perché il
Popolo Italiano ha fin qui dimostrato grande apertura, generosità e capacità di
accoglienza e, se è vero che chi ci governa e la classe dirigente italiana
adottano politiche disumanizzanti e dirette al solo scopo di arricchire
qualcuno, don Vinicio non si deve permettere di offendere il Popolo per i suoi
giochini politici.
Luca Craia
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