In effetti ce lo aspettavamo in molti e la notizia non sorprende per
niente. E il fatto che non sorprenda è un brutto sintomo, perché significa che
stiamo prendendo consapevolezza del fatto che il malfattore dispone di tutele
che lo assurgono a ruolo di cittadino da tutelare. I familiari di Klodjan Hysa, il delinquente rimasto ucciso da un colpo di proiettile partito accidentalmente
dalla pistola dell’appuntato dei Carabinieri di Monte San Giusto, hanno fatto
opposizione alla richiesta di archiviazione del PM di Macerata, Enrico
Riccioni, chiedendo una serie di perizie supplementari allo scopo di dimostrare
che il Carabiniere avrebbe sparato per uccidere.
Ovviamente
tutte queste nuove perizie saranno a carico della collettività, quella stessa
collettività che il caro estinto metteva quotidianamente in pericolo col suo
agire criminale, quella stessa collettività che l’appuntato cercava di
difendere, facendo il suo dovere, mentre rischiava di venire ucciso travolto
dall’auto guidata, appunto, dal caro estinto. I parenti del morto chiedono un
nuovo interrogatorio, una consulenza cinematica per ricostruire l’accaduto, una
consulenza balistica e sul proiettile per verificare la distanza di sparo e una
consulenza sul parabrezza dell'auto che guidava il delinquente che, oramai,
tocca definire vittima, almeno secondo questo angolo di lettura.
Il
punto è che questo angolo di lettura non dovrebbe nemmeno esistere. Ci troviamo
di fronte a un caso lampante, in cui un criminale noto e conclamato viene colto
in flagrante, scappa con un’auto rubata, cerca di investire dei Carabinieri e,
alla fine, rimane ucciso. Come si può concepire che il Popolo Italiano paghi
supplementi di indagine per dimostrare che il Carabiniere volesse uccidere?
Liberissimi, i parenti, di fare le proprie perizie, ma almeno sia a spese
proprie. Ma la legge italiana, per quell’eccesso
di garantismo che tanti danni sta producendo, consente questo paradosso che ha
l’evidente scopo di permettere ai parenti del delinquente morto di raccogliere
ancora soldi grazie ai crimini commessi dal loro congiunto. E siccome questi
non sono fessi, fanno quello che è loro consentito, magari grazie a un avvocato,
di cui ignoro il nome, che farà pure il proprio mestiere ma si mette alla stessa
altezza dei propri assistiti.
Intanto
immaginiamo cosa possa vivere il tutore dell’ordine coinvolto in questa brutta
storia, che vive un incubo dal quale il risveglio sembra ancora lungo a venire.
Per quel che conta, ha la mia totale e incondizionata solidarietà.
Luca Craia
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