martedì 8 agosto 2017

E Curcio se ne va. Problemi personali. Segnale preoccupante.




Le dimissioni di Fabrizio Curcio da Capo Dipartimento della Protezione Civile potrebbero sembrare quasi una buona notizia: Curcio ha dimostrato di non essere minimamente in grado di gestire la macchina complessa che era chiamato a guidare e il suo abbandono potrebbe lasciare aperta la possibilità che arrivi un miglior pilota. Credo però che la notizia non sia affatto buona, anzi.
Non è buona prima di tutto perché a sostituirlo sarà il suo vice, Angelo Borrelli, che è lecito pensare sia in possesso delle stesse capacità e dello stesso bagaglio culturale del suo ex capo. Ma la negatività deriva da un ragionamento più complesso. Per quanto non abbia mai stimato molto Curcio, credo che il suo fallimento, perché di questo si tratta, sia imputabile alle norme che regolano la Protezione Civile, norme riformate profondamente dal governo Renzi che hanno stravolto l’impostazione precedente, quella sulla quale ha potuto lavorare, con risultati anch’essi più che discutibili ma sicuramente con capacità di manovra immensamente maggiori, Guido Bertolaso.
Le dimissioni di Fabrizio Curcio, quindi, pur essendo motivate da “motivazioni strettamente personali” lasciano pensare a una resa incondizionata, alla constatazione dell’impossibilità di manovrarla, quella macchina complessa, impossibilità che permane anche col cambio di pilota. Di tutte le norme, decreti, deroghe e manovre che si sono susseguite, nessuna in realtà è mai andata a intaccare l’impostazione della Protezione Civile che è rimasta imbrigliata in uno schema talmente complicato da diventare ingestibile. Con le dimissioni di Curcio il problema non si risolve, rimane dov’è, ma abbiamo un altro indizio di quanto sia improbabile una soluzione rapida ed efficace dell’emergenza.

Luca Craia

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