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martedì 20 dicembre 2016

Terremoto - La desertificazione della zona montana come stretegia politica.



Sembra ci sia un disegno preciso dietro la strategia adottata dal Governo (non distinguo tra quello di Renzi e quello di Gentiloni in quanto credo non ci sia nulla da distinguere) per gestire il post-terremoto nell’area montana. Può sembrare approssimazione, inettitudine ma, a guardar bene, forse c’è dell’altro. Le aree montane sono costose per lo Stato, molto. Un’area montana scarsamente popolata costa decisamente meno di una popolata densamente. Poi c’è la questione del Parco, i cui amministratori hanno sempre visto con poca indulgenza la presenza di insediamenti produttivi all’interno del territorio controllato dall’Ente. Infine ci sono i costi di ricostruzione, per i quali la matematica è semplice: meno gente che torna, meno case da ricostruire.
Ecco allora la strategia: portare la popolazione lontano e ritardare il più possibile ogni intervento diretto al ritorno della normalità. Le aziende non vengono aiutate a ripartire, non vengono allestiti siti alternativi per i servizi pubblici come scuole e ospedali, non si dà modo alla popolazione di rimanere, seppure in moduli abitativi provvisori.
Tutto questo tiene lontana dal luogo colpito dal sisma la gran parte della popolazione attiva, creando un danno enorme al tessuto sociale, danno che, più si va avanti nel tempo, più diventa insanabile. È difficile pensare a un ritorno alla situazione precedente al terremoto per tanti piccoli centri, come Castelluccio o Ussita. Qualche probabilità in più ce l’hanno i Comuni che possiedono aziende manifatturiere, sempre che queste riescano a riprendere la produzione in loco. Pare comunque molto probabile che non si tornerà mai più alla situazione originale.
Nel frattempo assistiamo all’immobilismo quasi totale, o a interventi inutili e poco razionali. L’uso della forza lavoro pubblica per realizzare strutture che potrebbero benissimo essere messe in opera da aziende private locali è illogico. Dare incarico alle imprese locali farebbe ottenere il duplice vantaggio di liberare le forze pubbliche impiegandole in lavori più consoni, come l’urgente riapertura delle strade, in gran parte ancora impercorribili, e di dare spinta all’economia congelata dal terremoto. Sarebbe poi indispensabile la rapida riapertura dei centri di servizio, come le scuole e gli ospedali. E poi le unità produttive vanno fatte ripartire subito.
La favola degli imprenditori mecenati che vanno ad aprire aziende ex novo nelle zone terremotate è poco credibile. Aprire un’azienda in un periodo di crisi internazionale non ha senso, a meno che non si trasferisca un’unità produttiva da un luogo all’altro. Solo che, in questo modo, si tapperebbe una falla creandone una nuova, occupando mano d’opera in un luogo e disoccupandone altra nel luogo di origine. Assurdo. Diverso il caso di Diego Della Valle, il cui marchio è in controtendenza rispetto al mercato. Ma anche qui c’è un ragionamento incongruo: per aprire un laboratorio calzaturiero con manodopera non del settore serve tempo. E questo tempo non c’è.
Da qui tutta la mia preoccupazione per il futuro delle zone colpite dal sisma. La politica che si sta attuando e la solita politica dei proclami, delle telecamere e dei riflettori. È vero che non ci sono le mostruose “new town” di Berlusconi ma è anche vero che, in sostanza, c’è l’immobilismo più completo. E i riflettori, quelli veri, quelli che tengono accesa l’attenzione dell’opinione pubblica, si stanno gradualmente spegnendo. Il rischio è che cali presto l’oblio e che i problemi non vengano più risolti, creando un’enorme zona deserta nel cuore del centro Italia.

Luca Craia

venerdì 9 dicembre 2016

Epicentro a Monte San Giusto. Che rischi corriamo?



Il professor Emanuele Tondi

Non ho mai avuto la pretesa di interpretare dati sul terremoto in maniera scientifica. Per quello ci sono i tecnici, geologi e sismologi, che possono dare delle indicazioni per quanto queste possano essere precise, tenendo conto che il terremoto è di per sé un evento ancora imprevedibile le cui dinamiche sono tutt’ora oggetto di studio. Ciò premesso, onde fugare i soliti spiriti polemici che ogni volta si parla di terremoto vorrebbero crocifiggere qualcuno, magari come metodo personale di esorcizzare le paure, vorrei dare rilevanza alla spiegazione data dal professor Emanuele Tondi, dell’Università di Camerino, circa quanto accaduto ieri nell’area tra Monte San Giusto e Montegranaro.
Ricordiamo che ieri, sul sito dell’INGV, era apparsa la notizia di un movimento sismico alle 13,34, con magnitudo 2.8 ed epicentro individuato a 2 chilometri da Monte San Giusto e a 3 chilometri da Montegranaro, con una profondità piuttosto elevata, oltre venti chilometri. La notizia è parsa subito piuttosto allarmante, nonostante la debolezza del sisma e la sua profondità che ha fatto sì che fosse percepito molto blandamente. Io stesso mi sono preoccupato anche in funzione del fatto che a Montegranaro abbiamo numerosi edifici pubblici ad alto rischio sismico, primo fra tutto quello delle scuole di Santa Maria.
Le parole del professor Tondi sono piuttosto tranquillizzanti, anche se non ci esimono affatto dal tenere alta l’attenzione, molto più alta, secondo me, di quanto la stiano tenendo i nostri amministratori. Vi riporto quanto scritto da Tondi e la relativa grafica: “Questi sono i terremoti che si sono verificati dal 1 Gennaio di quest'anno in Italia. Come si può vedere, quelli di magnitudo fino a 4,0 (e oltre) avvengono un po' ovunque (tranne che in Sardegna). Nella zona marchigiana esterna (come Monte San Giusto e Valle Castellana), i terremoti sono generati da piccole faglie profonde oltre i 20 km, non visibili in superficie e che non hanno relazioni dirette con quelle più grandi e superficiali che si trovano lungo gli Appennini. In questo catalogo (http://emidius.mi.ingv.it/CPTI15-DBMI15/query_place/) potete inserire il nome del vostro Comune e vedere gli effetti associati ai terremoti del passato (in termini di intensità della scala Mercalli). La stessa cosa si può ripetere in futuro, ma non di più.
Torno a ribadire, quindi, che è necessario mantenere alto il livello dell’attenzione, perché comunque una scossa di magnitudo 4 potrebbe lesionare ulteriormente edifici già precedentemente danneggiati. Ma, da quanto apprendiamo dal professore, la faglia che interessa la nostra area non dovrebbe poter produrre eventi di grande rilievo. Per attenti ma senza panico.

Luca Craia

lunedì 7 novembre 2016

Terremoto. Finalmente un atto di responsabilità. I 5 stelle chiedono uno studio.



Tra le tifoserie opposte, anche piuttosto facinorose, perlomeno dalla parte della maggioranza, di chi è seriamente preoccupato del sisma e chi, invece, scarica responsabilità e si comporta come se fosse avvenuto un temporaletto da quattro soldi, arriva una proposta di buon senso da parte del Movimento 5 Stelle che, credo, le altre forze politiche faranno fatica a non condividere. In sostanza il rappresentante del Movimento in Consiglio Comunale, Endrio Pavoni, ha scritto una missiva ai colleghi Consiglieri e alla Giunta perché si porti velocemente in Consiglio Comunale e si approvi una variazione di bilancio che finanzi uno studio sulla vulnerabilità sismica delle scuole montegranaresi.
Lo studio sembra indispensabile alla luce degli ultimi eventi, ma già da tempo si sa che gli edifici scolastici cittadini presentano delle criticità. “Purtroppo avvertiamo nei cittadini e nei genitori degli studenti del nostro paese una errata percezione di quanta differenza esista tra la parola agibile, come sembrano essere i plessi scolastici, e la parola sismicamente sicuri” dice Pavoni, ponendo l’accento sulla necessità di “un provvedimento che diradi definitivamente i dubbi sulla qualità delle strutture scolastiche del nostro paese e ne faccia emergere eventuali criticità e limiti”. Pavoni ricorda il caso della scuola di Fiastra, agibile sì, ma crollata inesorabilmente dopo la scossa del 30 ottobre.
In realtà, per quanto riguarda la scuola di Santa Maria, già sappiamo quali sono le problematiche e che queste sono serie e urgenti. Per gli altri edifici, invece, a parte le dichiarazioni di agibilità, tra l’altro rilasciate dall’Ufficio Tecnico Comunale e non dai tecnici regionali, non abbiamo un quadro preciso della vulnerabilità sismica. Le ultime scosse, inoltre, hanno evidenziato e aperto nuovi segni tutt’altro che rassicuranti. Lo studio che i Cinquestelle propongono alla Maggioranza di Governo di finanziare potrebbe fugare ogni dubbio e tracciare una linea sulla base della quale intervenire per rendere realmente sicure le scuole e la vita dei bambini che le frequentano.
Ora c’è da attendere la reazione della Giunta, augurandoci che non si rimettano in movimento i soliti squadroni di violenti del web, sempre pronti a tacitare le voci fuori dal coro, ma che si affronti finalmente il problema con la serietà che merita. Sarebbe ora.

Luca Craia